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Attualità mercoledì 04 settembre 2019 ore 07:00

Mare, i Plastic Busters a lavoro sui dati

Il team di ricercatori "Plastic Busters"

Dopo la seconda spedizione 2019 che ha toccato anche le isole dell'Arcipelago toscano, i ricercatori sono a lavoro per l'analisi dei dati raccolti



SIENA — Si è conclusa a fine Luglio 2019 la seconda delle tre spedizioni di quest’anno del progetto Plastic Busters (acchiappa plastica), che ha visto una decina di ricercatori impegnati in una campagna di campionamento e monitoraggio dei rifiuti plastici in mare a bordo della nave Astrea di Ispra, come si legge sul sito di Arpat Toscana.

Plastic Busters MPAs è un progetto di ricerca internazionale guidato da Ispra con la responsabilità scientifica dell’Università di Siena per liberare il Mediterraneo dalle microplastiche.

Balena avvistata al largo dell'isola di Capraia

Le aree passate in rassegna sono state quelle del Santuario Pelagos, un'area marina protetta che si estende per quasi 90.000 chilometri quadrati nel Mediterraneo nord-occidentale tra Provenza, Sardegna e le coste toscane. 

La prima ha riguardato le zone più a nord, tra Francia e Liguria, a Luglio è stata la volta dell'Arcipelago toscano e a Settembre sarà scandagliata l’area tra Corsica e Sardegna.

A bordo della nave-laboratorio i ricercatori del Dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena, sotto la direzione della professoressa Maria Cristina Fossi, che da anni si occupa di biomarkers nell'ecotossicologia terrestre e marina, si sono occupati di censire le plastiche e microplastiche presenti all’interno dell’area marina protetta.

Durante i quindici giorni in mare percorrendo più di 1200 miglia, sono stati eseguiti oltre 70 campionamenti tramite una rete manta per valutare la distribuzione e la concentrazione delle microplastiche superficiali. Inoltre sono stati fatti più di 130 monitoraggi di macrolitter galleggiante, cioè ammassi di spazzatura di più ampie dimensioni.

Sono state prelevate alcune specie di mitili e invertebrati per analisi dei tessuti come bioindicatori dello stato di salute del mare. Infine i frequenti incontri con i cetacei hanno permesso agli scienziati di effettuare delle biopsie cutanee sulle balene, per effettuare poi analisi che verificassero l’accumulo e l’assorbimento delle sostanze plastiche da parte della fauna marina.

In linea con la volontà di condividere l’attività di ricerca con la stampa e i cittadini, è stato possibile seguire giorno per giorno le attività svolte a bordo della nave oceanografica in un diario di viaggio online. 

Scopo del progetto è infatti accrescere la consapevolezza della problematica della plastica in mare e stimolare il coinvolgimento dei decisori politici verso un quadro di azioni condivise in direzione di un Mediterraneo libero dalla plastica.

La campagna fa parte di una delle fasi del PlasticBusters MPAs, un progetto cofinanziato dal Programma Interreg-Med che ha l’obiettivo di contribuire al mantenimento della biodiversità e a preservare l’ecosistema nelle Aree marine protette dai rifiuti dispersi in mare.

Questo tipo di inquinamento è causato principalmente da una mala gestione dei rifiuti solidi sulla terraferma e necessita di un’azione coordinata e comunitaria per essere arginato.

Con questo proposito il progetto Plastic Busters prevede anche azioni mirate all’intero ciclo del marine litter, dal monitoraggio e la valutazione, alla prevenzione e mitigazione del fenomeno per la creazione di linee guida normative condivise tra tutti i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.

Il Mar Mediterraneo è uno dei mari più contaminati dalla presenza delle microplastiche perché fortemente antropizzato e popoloso e perché, a causa della sua struttura di mare chiuso, ha scarso ricambio di acque in cui gli inquinanti si accumulano. 

Per microplastiche si intendono frammenti di rifiuti di plastica dalle dimensioni inferiori ai 5 millimetri e sono originati principalmente dal lavaggio di capi sintetici e dall’abrasione dei pneumatici, ma provengono anche dalla frantumazione dovuta al moto ondoso e alla fotodegradazione di rifiuti plastici non biodegradabili di più grandi dimensioni. Si stima che di tutti i rifiuti presenti nel mare, la maggior parte, circa il 70-80%, sia costituito da plastiche.

Durante il loro viaggio in mare i ricercatori avevano anche pubblicato un video in cui il ricercatore francese spiegava che la notizia di un'isola di plastica- rilanciata da alcune testate giornalistiche - fra l'Italia e la Corsica era solo un'iperbole, cioè una esagerazione per avvertire sui rischi del nostro mare (leggi qui l'articolo).


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